A partire dal 2018, il giorno 11 Aprile è stato scelto per la “Giornata Nazionale del Mare” con la quale la Repubblica Italiana ogni anno celebra il mare, inteso come risorsa di grande valore culturale, ambientale, scientifico, ricreativo ed economico per tutto il mondo e per l’Italia in particolare.
Quando si parla di mare, la Sicilia è una delle protagoniste indiscusse: con i suoi 1.500km di costa è seconda tra le regioni italiane per il maggior sviluppo costiero (dopo la Sardegna) e solo la città di Messina ne occupa più di 50 km.
Chiunque vive, abbia vissuto o semplicemente sia passato da Messina conosce bene la magia del nostro mare in tutte le sue sfaccettature; passaggio di innumerevoli navi e spazio perfetto per sport acquatici, culla affascinante e pericolosa di tantissime specie, palcoscenico di miti e leggende che hanno origini antichissime e che trovano spazio soprattutto nello Stretto di Messina.
La natura dello Stretto lo rende protagonista di miti e leggende che, nel corso dei secoli, sono servite a dare una spiegazione a tutto ciò che nello Stretto accadeva: terremoti, maremoti, forti correnti e tanti altri “strani fenomeni”.
Quali sono i racconti strettamente legati al nostro mare?
SCILLA E CARIDDI
“Ulisse, e l’altra rupe vedrai, ch’è di molto piú bassa;
l’una vicina all’altra: ché distano un tiro di freccia.
Un caprifico grande vi sorge, un rigoglio di fronde;
e sotto a questo, inghiotte del mar l’onde negre Cariddi.
Tre volte al giorno fuori li gitta, tre poi li ringoia
terribilmente. E fa’ di non esservi, quando l’inghiotte:
ché non varrebbe a salvarti neppure il signore dell’onde;
ma, piú che puoi vicino movendo alla rupe di Scilla,
spingi velocemente la nave: ché molto vai meglio
piangere sei compagni, che perderli tutti ad un colpo”
Con queste parole, nell’Odissea, Ulisse viene messo in guardia dai temibili mostri che vivono sulle sponde dello Stretto: Cariddi, colei che risucchia e Scilla, colei che dilania.
In origine due bellissime ninfe che subirono rispettivamente la vendetta di Zeus e di Circe che le punirono, uno per vendetta e l’altra per gelosia.
Cariddi, sulle sponde sicule, un mostro marino grande quasi quanto lo stretto che lo ospita, con fauci gigantesche e denti aguzzi, che più volte al giorno inghiotte navi e marinai e li trascina nelle profondità marine; Scilla, sua dirimpettaia, un mostro con sei teste di cane e denti aguzzi con cui distruggere le navi e divorare chi le occupava (nelle Metamorfosi di Ovidio si evince che fu successivamente trasformata in scoglio: “Avrebbe poi sommerso le navi dei Troiani se non fosse stata trasformata in uno scoglio, che oggi emerge aspro dalle acque e continua a far paura ai naviganti, che anche come scoglio la evitano”).
Figure che danno una spiegazione alle forti correnti irregolari ed imprevedibili del nostro mare, capaci di raggiungere svariati km/h di velocità e di generare dei pericolosissimi vortici.
COLAPESCE
“Sulligitu nchianau Colapisci
comu murina chi so’ canni lisci,
dicennu: “maistà ‘a bedda Missina
vessu punenti pari chi ssi ‘ncrina.
Sù tri culonni cà tenunu mpedi,
una è rutta, una è sana e l’autra cedi.”
Così Maria Costa ci parla di Nicola, detto Cola, conosciuto come Colapesce.
Un ragazzo originario di un villaggio nei pressi del Faro, viveva le sue giornate in mare più che sulla terra ferma. Viveva la sua vita quasi come quella di un pesce e spesso, per compassione dei suoi amici acquatici, li liberava dalle reti dei pescatori.
Con il passare del tempo, le sue mani e i suoi piedi divennero simili a delle pinne, la pelle di Colapesce cominciò a mutare e lui diventò in tutto e per tutto simile ad un pesce: le voci sul suo conto viaggiavano veloci, fino ad arrivare alle orecchie di Federico II di Svevia, che decise di conoscerlo.
Il sovrano, giunto nelle acque dello Stretto, volle mettere alla prova il ragazzo gettando in mare più di un oggetto di valore ed aspettando che Cola lo riportasse in superficie.
La leggenda narra che, durante una di queste immersioni, Colapesce scoprì su cosa effettivamente si reggevano la Sicilia e la città di Messina: tre colonne, una integra, una lesionata e l’altra rotta.
Scoperto questo, il mito vuole che Cola decise di non risalire più in superficie ma di restare a sorreggere la sua amata Messina, sostituendosi alla colonna rotta: per questo motivo alle volte si sente la terra tremare, è Colapesce che cambia spalla o si sistema, mentre svolge il suo difficile compito.
Un modo davvero affascinante per spiegare i frequenti terremoti che colpiscono il nostro territorio!
FATA MORGANA
Secondo la leggenda, la Fata Morgana fu una misteriosa ed affascinante fata incantatrice che compare nel ciclo arturiano della mitologia, sorellastra e nemesi di Re Artù.
La Fata condusse il corpo di Artù alle pendici dell’Etna, dove avrebbe potuto saldare la leggendaria Excalibur. Affascinata dalla bellezza della Sicilia, decise di restarci e costruire un castello di cristallo ed una città sommersa nelle profondità dello Stretto di Messina, da cui ammaliava i marinai con i suoi inganni.
Grazie alle sue capacità magiche, poteva fare in modo di ingannare i malcapitati dando loro l’illusione che le sponde di Sicilia e Calabria fossero vicinissime tra loro, tanto da poterle raggiungere con estrema facilità.
Una delle sue vittime fu un re arabo, il quale fu ingannato da Morgana, che fece apparire la Sicilia a due passi dal re. Convinto di poterla raggiungere in breve tempo, poiché così vicina, si gettò in acqua e iniziò a nuotare. Morì affogato nel vano tentativo, scoprendo che la realtà era molto diversa.
Un altro aneddoto riguarda Morgana ed il condottiero Ruggero D’Altavilla. La Fata si propose di aiutare il condottiero normanno per liberare la Sicilia dalla dominazione Musulmana. Apparsa al sovrano su un carro bianco e azzurro, trainato da sette cavalli bianchi, fece materializzare sulle acque un vascello e un intero esercito. Il condottiero, tuttavia, non si fece ammaliare dall’incantatrice e rimandò il suo sbarco (che risultò essere poi vittorioso).
Fata Morgana oggi
Ancora oggi possiamo ammirare questo peculiare fenomeno. Un’illusione ottica dovuta alla rifrazione e riflessione della luce, che predilige le giornate particolarmente calde ed afose. L’assenza di vento favorisce la formazione di piccole goccioline di acqua che moltiplicano l’effetto di rifrazione e riflessione degli oggetti presenti sulle rive. Si ha l’impressione di vedere sull’acqua delle costruzioni fluttuanti, le città di Messina e Reggio Calabria riflesse. Un’illusione che, crea una città irreale ed avvicina le terre. Un fenomeno ottico tra i più rari e straordinari.
Il nostro Stretto di Messina ha tutto il diritto di guadagnarsi l’appellativo de “Lo Stretto del Mito”. Protagonista di storie e leggende che suscitano un senso di fascino ed appartenenza nel cuore dei cittadini ed incantano chiunque ne venga a conoscenza.
Ci riconosciamo in queste storie ed in questi personaggi che, in un modo o nell’altro, sentiamo vicini e in qualche modo totalmente nostri.
Lo Stretto del Mito: “qui dove è quasi distrutta la storia, resta la poesia” (G.Pascoli)